Già avea l'eterna mano d'ogni sua stella (Philippe de Monte)

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  • (Posted 2018-11-22)  CPDL #52222:     
Editor: Allen Garvin (submitted 2018-11-22).   Score information: Letter, 14 pages, 242 kB   Copyright: CC BY NC
Edition notes:

General Information

Title: Già avea l'eterna mano d'ogni sua stella
Composer: Philippe de Monte
Lyricist: Pietro Arigone (?)create page

Number of voices: 5vv   Voicing: SATTB
Genre: SecularMadrigal

Language: Italian
Instruments: A cappella

First published: 1581 in Il decimo libro a cinque voci (Scotto press, Venice), no. 17
Description: 

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Original text and translations

Italian.png Italian text

Stanza prima:
Già avea l'eterna mano d'ogni sua stella
fatto il sereno ciel lucente, e adorno;
e di Febo la candida sorella
facea parer la notte un chiaro giorno.
Stanca già sen dormia la pastorella,
che avea il discorso il monte, e'l piano intorno,
quando con quella, che mi ancide, e sface,
il dolce sonno mi promise pace.

Stanza seconda:
Parea dicesse con aperte braccia
d'averti usato torto, or mi pent'io
stringemi forte e dolcemente abbracia
che tu sei la mia vita ed il cor mio
succia ste labbia e questa fronte baccia
e tempra or mai l'ardente tuo desio
al' or mi tenn'io sol felice in terra
ma l'amaro vegghiar mi torno in guerra.

Stanza terza:
E perch'io torni a le mie usate pene,
sparve il sonno qual nebbia a un fiero vento;
ond'io pien d'ogni duol, fuor d'ogni speme
suegliato mi trovai solo e scontento.
O breve gioia, o fuggitivo bene
come lieve t'involi in un momento!
Ben posso dir, Amor, con la tua pace
il dolce sonno è ben stato fallace.

Stanza quarta:
Credei mentre io dormia ch'egli già satio
del mio dolor, delle miserie mie,
fatto avendo di me sì lungo stratio
avesse anco oggi mai voglie più pie.
Ma svegliato m'accorsi in breve spatio
che si facean maggior mie pene rie;
il duolo falsamente il sonno atterra
ma l'amaro vegghiar, ohimè, non erra.

Stanza quinta:
Nasce il gran piecer mio da van gioire
che se mi fugge in un tratto come ombra:
se da vera cagion nasce il martire,
che ogni piacer fin dentro il cor mi sgombra,
così quiete non trova il mio desire
se non nel falso che l'anima ingombra.
Fugga dunque da me cosa verace
se'l ver m'annoia e'l falso sì mi piace.

Stanza sesta:
Non sia più meco quel ch'io odo vero,
ma quel soave falso eternamente
poiché di sì dolce esca il mio pensiero
pasce la mesta e travagliata mente.
Fugga da me il venen mortal e fiero
che le mie gioie eternamente ha spente,
e poiché ogni mio ben mi toglie e serra
non oda o veggia mai più vero in terra.

Stanza settima:
O dolce sonno più di vera vita,
compagno ch'assomigli a fiera morte:
sonno per cui d'allora infinita
godo del mio bel sol beatà sorte.
Sonno che con l'amara dipartita
ogni contento mio teco ne porti;
chiude questi occhi eternamente ormai
se'l dormir mi da gaudio, e'l vegghiar guai.

Stanza ottava:
Qual sonno ebbi io giamai lieto e tranquillo
da poi ch'entrai nell'amoroso mare?
Quante onde, ohimè, per questi fonti stillo
quante spargo ad ognor lagrime amare?
alla più ardente bruma ardo e sfavillo
e al più cocente sol soglio agghiacciare;
s'io debbo dal vegghiar sempre trar guai
possa dormir senza destarmi mai.